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LUGANO"L'ho massacrata, ho sfogato tutta la mia rabbia su di lei"

13.10.14 - 13:17
Il dibattimento entra nel vivo. Il racconto dei fatti accaduti il 7 novembre in via Antonio Chiesa da parte dell'imputato
Foto d'archivio (Tipress)
"L'ho massacrata, ho sfogato tutta la mia rabbia su di lei"
Il dibattimento entra nel vivo. Il racconto dei fatti accaduti il 7 novembre in via Antonio Chiesa da parte dell'imputato

CHIASSO – In aula l'imputato, difeso dall'avvocato Massimiliano Parli, torna a raccontare quanto accaduto quel 7 novembre del 2013, all'interno dell'appartamento, al quinto piano di via Antonio Chiesa. Il 37enne si ripresenta davanti alla porta dell'abitazione, intenzionato, una volta per tutte, a chiarire la situazione con i familiari e a dichiarare la sua intenzione di tornare a Napoli. La decisione di rimpatriare arriva mezz’ora dopo aver comprato un biglietto giornaliero di 40 franchi per Losanna. "L'ambiente era teso”, racconta l’imputato al giudice Mauro Ermani. I genitori di lei lo rimproverano, invitandolo  a prendersi le responsabilità di fronte al figlio al quale avrebbe dovuto assicurare una vita stabile.

"Ero confuso, volevo andarmene" - "Da parte mia a Napoli non avrei potuto garantire lo stesso trattamento economico", ammette l'imputato davanti alla corte. Al 37enne viene ricordato che in Svizzera aveva accumulato dei debiti. "Ero confuso, volevo andarmene via da quella situazione", continua il 37enne. L'imputato avrebbe pure mancato di versare in qualche occasione gli alimenti per il figlio.

Il racconto - L'imputato sale al quinto piano. Ed ora si entra nel vivo dei fatti. E' la madre della sua compagna ad aprirgli. Il marito è sul balcone a fumare una sigaretta. La discussione inizia tra lui e l'anziana, ultrasettantenne. "Discussione che si fa animata quando si parla di soldi", ha dichiarato l'imputato. Arriva la madre di suo figlio, che invita alla calma. Il "suocero", rientrato dalla terrazza, sempre stando al racconto dell'imputato, avrebbe dichiarato: "hai fallito come padre e come uomo, cosa vuoi chiarire?". A quel punto l'imputato, sentendosi offeso, colpisce al volto con uno schiaffo violento l'anziano, che cade a terra. Le due donne intervengono per cercare di fermare l'imputato, il quale le spinge verso la porta d'entrata. Quando si rialza l'anziano esce sul balcone e, stando al racconto dell'imputato, afferra un monopattino. "Gliel'ho preso dalle mani", ha dichiarato in aula l'imputato. Sul monopattino non sarebbero comunque risultate impronte digitali dell'uomo e le versioni dei fatti sono contrastanti, in quanto i genitori di lei e la compagna sostengono che l'anziano non ha afferrato nessun monopattino.

"Ho ricordi confusi", continua il 37enne che racconta di aver colpito la madre della sua ex compagna. “E’ stata colpita sei volte con il monopattino”, ha precisato il giudice.

"Non volevo ammazzare nessuno" - "Mi sono fermato quando ho visto L. (la vicina che aveva ospitato lui e la sua compagna) all'interno dell'appartamento. Soltanto in quel momento ho preso coscienza di quello che stava succedendo".  All'arrivo della polizia l'imputato, che ha aspettato il suo arrivo nell’atrio del condominio, ha raccontato agli agenti di aver ucciso due persone. "Io non volevo ammazzare nessuno", ribadisce in aula.

Il manubrio insanguinato e piegato - In aula viene presentato il manubrio usato per offendere, piegato in due e insanguinato. "C'è qualcuno che ha guardato giù", ha detto il giudice, evidenziando la violenza usata dall'imputato nei confronti della madre della sua ex compagna. Il giudice insiste e si rivolge all’imputato: "Cosa pensava in quel momento? La donna era a terra esanime e lei ha dato sei colpi. Cosa voleva fare?”.  "Bastonavo lei e tutta la tensione accumulata in tutti quegli  anni”, ha risposto.  “L'ho massacrata. Cosa devo spiegare? Che mi sono trasformato in un animale? Non ho nulla da giustificare. Giustificare non si può”.

Il monopattino - Il giudice non è convinto della versione dei fatti raccontata in aula dall’imputato. In particolare è il fatto del manubrio afferrato dall’anziano a destare perplessità. "Continua a sostenere che il monopattino non l'ha preso lei per primo, ma il padre della sua ex companga? Continua a sostenere di non aver capito più niente in quel momento?". "Sì, confermo, la rabbia ha preso il sopravvento", ha risposto il 37enne napoletano. 

"Ho sfogato la mia rabbia nella maniera sbagliata" - "Le ho dato un calcio in faccia, era a terra e ho continuato a colpire”, ha continuato il 37enne. Tutto dovuto a un cumulo di rabbia repressa. C'era solo rabbia. Ho sfogato la mia rabbia nella maniera sbagliata. So quello che ho causato", ha dichiarato in aula l'imputato con il magone in gola. "Non era mia intenzione colpire B., tutta la rabbia l'avevo su di lei".

L'imputato ammette i fatti - "Riconosce di avere commesso un tentato omicidio e di aver colpito anche B. (il padre della ex ragazza) e di aver impedito a M.C. (la ex ragazza) di difendere il padre?", ha chiesto il giudice all'imputato. "Sì", ha affermato, confermando, in seguito il consumo di marijuana e del trattamento psichiatrico in corso.

"Un monoreddito in Svizzera non sta molto meglio che a Napoli" -  L'imputato ha spiegato al giudice Ermani che voleva tornare a Napoli per salvare almeno un rapporto, quello con suo figlio, consapevole che il suo contributo economico non sarebbe stato consistente tanto quanto poteva permettersi in Svizzera. "Volevo tornare a Napoli a lavorare. Nella mia vita ho sempre lavorato. In Svizzera si sta decisamente bene, ma che si guadagni di più non è sempre vero. Se dobbiamo paragonare il tenore di vita di un monoreddito, tra Napoli e la Svizzera non c'è molta differenza. La differenza è che in Svizzera i servizi pubblici, come la scuola e la sanità, sono migliori. Ma gli obblighi di mantenimento sono di entrambi e speravo che la madre di mio figlio lavorasse non soltanto un'ora al giorno, bensì 8 ore", ha dichiarato.

"Vergogna senza fine" - "La condanna avrà un inizio e una fine, ma la vergogna non me la porterò mai via".

"Preferisco mangiare pane e cipolle ma stare a casa mia" - Sui motivi che hanno spinto l’uomo a voler tornare nella sua Napoli, l’imputato ha spiegato di "non volere mantenere la giostra in cui io non giocavo più". E sull’opzione Svizzera Romanda, comunque scartata dall’imputato, ha spiegato che "a Losanna l'unico vantaggio esistente era di natura economica. E non era da poco. Dal punto degli affetti era a Napoli". “Io preferisco mangiare pane e cipolla, ma stare a casa mia", ha aggiunto l'uomo.

"Il mio futuro in un paese europeo simile alla Svizzera" - “Il suo futuro come lo vede, una volta scontata la pena?”, gli ha chiesto il suo avvocato difensore, Massimiliano Parli. "Al ristorante. Mia madre percepisce una pensione. Sicuramente sceglierò un paese europeo simile alla Svizzera". Per lui, infatti, una volta espiata la pena, lo attenderà un’espulsione dalla Svizzera a tempo indeterminato.

"Sei una grande donna" - L'uomo ha ringraziato poi la sua ex compagna, presente in aula a fianco dell'avvocato di parte civile Mario Branda, per il fatto di concedergli, una volta al mese, la possibilità di vedere suo figlio. "Sei una grande donna", ha detto l'imputato. "Lo faccio solo per mio figlio", ha risposto la donna, senza guardarlo in faccia.

La sentenza verrà data domani pomeriggio. Il dibattimento in aula riprenderà alle 14:15.

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